Si riscontrano i primi segnali positivi per la raccolta ordini di macchine tessili italiane. Zucchi, presidente di ACIMIT: “L’indice degli ordini cresce, ma permangono le preoccupazioni per una ripresa ancora debole e per la persistente incidenza della pandemia”.
L’indice degli ordini per le macchine tessili elaborato da ACIMIT, l’Associazione dei costruttori italiani di macchine tessili, nel periodo gennaio-marzo 2021 è risultato in crescita del 66% rispetto al medesimo periodo del 2020. Il valore dell’indice si è attestato a 129,3 punti (base 2015=100).
Tale risultato è dipeso dal buon andamento della raccolta ordini sia all’estero che in Italia. Sui mercati esteri l’incremento è stato del 68% e il valore assoluto dell’indice ha raggiunto i 125,5 punti. Sul mercato interno la crescita degli ordini è stata più contenuta, ma comunque importante (+54% rispetto al primo trimestre 2020), con un valore assoluto dell’indice di 164,1 punti.
Alessandro Zucchi, presidente di ACIMIT, commenta: “Il forte incremento registrato dalla raccolta ordini deve essere confrontato con il risultato del primo trimestre del 2020, periodo in cui ha avuto inizio la pandemia e si è registrato il quasi completo stop dell’attività produttiva”.
“I dati sono comunque incoraggianti, aggiunge Zucchi, ma la pandemia non è ancora sotto controllo, soprattutto in Paesi che rappresentano mercati fondamentali per il settore, basti pensare all’India. Gli investimenti nel settore tessile hanno, quindi, visto una ripresa a macchia di leopardo. Senza un diffuso piano di vaccinazioni su scala mondiale resta, poi, limitata la mobilità del nostro personale, pregiudicando così la possibilità di cogliere le occasioni di business su diversi mercati”.
“E la futura ripresa è minacciata anche dal forte aumento dei prezzi delle materie prime, conclude il presidente di ACIMIT. E’ in corso una significativa crescita, iniziata a partire dalla scorsa estate e intensificatasi tra la fine del 2020 e l’inizio del 2021. Nel settore delle commodity industriali, ad esempio, i metalli non ferrosi hanno visto aumentare il loro prezzo dal 23% tra giugno 2020 e i primi mesi del 2021. I rincari spingono verso l’alto il costo degli input e, in mancanza di un ritocco dei listini, per le nostre aziende l’impatto negativo potrebbe essere importante”.
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